Questo è ciò che ho trovato in merito, magari può esserti utile anche per la tesi:
"L’importanza di ritenere il soft air uno sport ancor oggi appare, nonostante gli sforzi prodotti in questo senso sia da chi scrive che dallo CSEN, un concetto non largamente condiviso.
La cosa rilevante, tuttavia, non è che le perplessità giungano da “opinionisti” esterni al nostro mondo che, per ignoranza o per doloso spirito denigratorio o per entrambe le cose, non intendono riconoscere o comprendere questa identità sportiva; di rilievo è che anche dall’ambiente softeristico, o presunto tale, si sono levate voci, per giunta autorevoli, che in pubblici dibattiti non esitano a dubitare e a contrastare questa visione, di cui sono, ormai da almeno due anni, convinto assertore.
Di recente, esponenti di enti di promozione sportiva diversi dallo CSEN, seppur nel chiaro (e anche comprensibile) intento di sostenere realtà in crisi, non hanno esitato a contrastare l’impostazione CSEN Soft Air, ricorrendo alla riproposizione, in chiave critica e non costruttiva, di una domanda cui pensavo, anche per ragioni di mutuo consenso e opportunità, fosse stata data una definitiva risposta: Come si fa a dire che il soft air è uno sport? E chi dice che il soft air è uno sport?
Questa asserzione, per di più pubblica, francamente mi ha sconcertato, anche perché scaturita in un contesto dove si doveva operare, appartenenze prescindendo, prima di tutto in favore del soft air. Ritornare su questa formula dubitativa, per di più ostentando certi ruoli ufficiali, mi è parso veramente insensato.
Per mio conto e per la cronaca, per l’ennesima volta non ho esitato ad attribuirmi (non volendo se non altro contraddire quanto fino ad oggi sostenuto) la paternità della visione “sportivista” che nello CSEN è stata non solo totalmente accolta, ma anche incentivata, come noto a tutti i softgunner.
Sembra paradossale, ma oggi c’è gente che, mentre si propone come nuovo garante (o meglio garante alternativo) per l’identità e la tutela dei softgunner, contemporaneamente sostiene, come premessa della sua collaborazione, la non sportività del soft air, traguardo, penso, condiviso e condivisibile da tutti. E lo fa senza alcun timore di realizzare un clamoroso autogoal, non dicendo cos’è (o cosa dovrebbe essere) per lui la nostra disciplina, ma parimenti offrendo “tessere”, cariche e quant’altro ai softgunner disposti ad accogliere la sua “tutela”.
Come i lettori sanno bene, non mi appartiene, per stile e formazione culturale, sostenere polemiche o attaccare persone o strutture, tuttavia la gravità di questo dubbio, superficialmente e rozzamente strumentalizzato solo per sostenere che lo CSEN “si è inventato tutto”, mi pare senza appello.
Abituato per impostazione professionale ad approfondire i temi sulla base del diritto e quindi su elementi predisposti per avere una valenza oggettiva, consapevole che la gente vuole prove e non chiacchiere, a mia volta mi sono riproposto (non si sa mai!) la domanda dei “dubitanti”, rimanendo però coerente con il mio indirizzo di costante sostegno al concetto di soft air come sport vero e ben caratterizzato.
Per essere più precisi, il dubbio dei “dubitanti” è stato sostenuto partendo da un altro dilemma oramai secolare: Cos’è uno sport?
Dato che a tutt’oggi il quesito vede non solo gli esperti di diritto, ma anche di sport in generale, barcamenarsi girando intorno alle parole, sono partito dalla definizione linguistica italiana, che, volente o nolente, viene data dal vocabolario numero uno della nostra nazione, ossia il Battaglia (ventuno volumi ciclopici!). La stessa dizione è anche ripresa dalla Wikipedia, egregio e serio contenitore online d’informazioni. Premetto che l’uso di questo strumento non è solo, per così dire, generico, ma fa fede nel contesto processuale e, laddove necessario, non è disdegnato con valenza tecnico-probatoria presso i giudici della Corte di Cassazione.
Ne scaturisce che: «Lo sport è l’insieme di quelle attività, fisiche e mentali, compiute al fine di migliorare e mantenere in buona condizione l’intero apparato psico-fisico umano e di intrattenere chi le pratica o chi ne è spettatore. Lo sport può essere praticato singolarmente o in gruppo (sport di squadra), senza fini competitivi oppure gareggiando contro altri sportivi. In quest’ultimo caso si parla di agonismo sportivo» .
Alla luce di quanto ora detto, ma anche dei dubbi sollevati in ragione di chi li ha sollevati, mi sono quindi ri-chiesto: ma allora, cosa manca ancora al soft air?
Riconosco che la rinnovata analisi è stata veramente proficua e, perché no, per certi versi necessaria, al punto che ho concluso che forse qualcosa mancava al soft air per essere “sicuramente” inteso come uno sport.
A dire il vero, non si tratta di una vera e propria carenza, bensì di una puntualizzazione già fatta, ma mai realmente valorizzata, che, grazie ai “dubitanti”, ora consente asserzioni più chiare ed impostazioni più garantiste.
Ammettendo che un po’ di fortuna non guasta mai, ho rinvenuto un’interessantissima e recente (come sempre per il diritto, si intende) sentenza del 2006 (giudice di pace di Mandria/avvocato Pesce per sentenza n. 900/06 del 9 luglio 2006), emessa in merito ad una questione di risarcimento del danno conseguente a lesioni procuratesi tra giocatori durante una partita del (per me) sconosciuto gioco della “Tedesca”. Cosa sia questa “Tedesca” ancora non mi è chiaro (una specie di calcio dove parrebbe lecito un maggior contatto fisico, causa poi dei danni lamentati nel processo), tuttavia la sua pratica ha posto l’accento sull’esercizio di attività che, sconosciute ai più, sono ritenute da chi le svolge degli sport. Insomma, il “transfert” con il soft air è stato quasi immediato.
Il fatto non è irrilevante, poiché la qualificazione in questo senso, come dissi in un mio articolo qui apparso nel 2006 (SAA n. 91), offre la possibilità di applicare la scriminante, ossia la giustificazione che esclude la punibilità penale, indicata nel concetto d’illecito sportivo, evitando le conseguenze che, al contrario, graverebbero su chi cagiona danni a persone e/o cose.
Tornando alla vicenda giudiziaria, la sentenza n. 900/06 non ha ritenuto che la “Tedesca” potesse qualificarsi come sport, per cui l’invocata presenza della “giustificazione sportiva” fatta dall’avvocato di chi aveva procurato la lesione non è stata condivisa dal giudice di pace, che lo ha condannato a pagare tutti i danni procurati.
Cos’è successo e perché il giudice di pace ha preso questa decisione? Ci vuol poco a capire come anche il soft air, fino a poco tempo fa, poteva essere esposto ad analoghe circostanze: in sostanza, i softgunner, per la loro condotta, senza dubbio di buona fede e sottoposta a regole condivise in contesti più o meno competitivi (si rilegga la precedente definizione), potevano ritenersi degli sportivi (escludo per principio chi si è sempre proclamato qualcos’altro), ma la loro opinione avrebbe incontrato il limite della carenza di oggettività e condivisione, impensabile, ad esempio, per il beato sport del calcio, che, come detto dal giudice di pace, anche se praticato «spontaneamente [e quindi senza l’uso di contesti particolari di luogo o di pubblico spettatore, ndr], ha regole universalmente conosciute e riconosciute e in riferimento alle quali è possibile verificare se la condotta del partecipante le ha colposamente oltrepassate con gesti di gratuita violenza non finalizzata al gioco».
Conclusione: in caso di danni, si sarebbe pagato in sede civile e penale, come per la “Tedesca”.
Hanno quindi ragione i “dubitanti”? Il soft air non è uno sport? Cosa sanno i “dubitanti” per accusare di pressappochismo e di erronee convinzioni chi si muove in altro modo e desidera impostazioni diverse?
No, non hanno ragione. Anzi, per i motivi che ora espongo, ritengo che chi pensa così, specie se occupa posizioni autorevoli nello sport, ha gravi responsabilità rispetto al mondo del soft air.
È vero che il giudice di pace si è trovato nella necessità di decidere se la “Tedesca” (che, come ho detto, poteva essere il nostro soft air) fosse o meno uno sport e, per arrivare alla conclusione, si è di certo avvalso della precedente definizione linguistica, opinabile ma comunque non ignorabile in ragione della sua fonte autorevole. E, sulla base della sola definizione, nulla sarebbe mancato alla “Tedesca” per essere qualificata come sport. Eppure non è andata così. In realtà, per non cadere nell’assurdo di “regalare” qualifiche con conseguenze non da poco sui termini d’illiceità e risarcimento del danno, il giudice ha introdotto un nuovo elemento valutativo, che oggi, rispetto al soft air, solo lo CSEN ha provveduto ad introdurre: la legittimazione formale.
La sentenza, infatti, aggiunge che: «’attività in questione [la “Tedesca”], pur avendo delle regole conosciute dai partecipanti, non può rientrare nel novero di una disciplina sportiva per la spontaneità dell’organizzazione, la mancanza di arbitro, il luogo prescelto, l’assenza di pubblico e la mancanza di riconoscimento delle stesse regole da parte di organizzazioni o federazioni sportive. Anzi quest’ultimo aspetto… appare decisivo per escludere tale gioco [ancora la “Tedesca”] dal computo delle competizioni sportive, per le quali è possibile accedere ad ipotesi di rischio sportivo».
Che dire di più? Il giudice di pace non poteva fare regalo migliore a chi ha sempre predicato la necessità di legittimare formalmente e con precise prese di posizioni il soft air, avvalendosi dell’autorevolezza che soprattutto (per non dire solo) gli enti di promozione sportiva hanno.
Lo CSEN oggi tessera legittimamente i softgunner come sportivi, così come affilia i loro club con la formula ASD (Associazione Sportiva Dilettantistica) in aggiunta alla sigla CONI, e lo fa sulla base del riconoscimento dato al soft air attraverso il Codice Etico e annessi.
Insomma, grazie al lavoro svolto e alla fiducia accordata dallo CSEN con la sua presa di posizione netta, il soft air non corre il rischio di finire come la “Tedesca”. A ciò aggiungo che quanto realizzato, non più negabile, favorisce e favorirà anche chi non è inserito nello CSEN, in quanto, anche se privo di un adeguato supporto in ragione della sua diversa appartenenza, in caso di guai (quelli veri) potrà sempre invocare il fatto di essere comunque uno sportivo e gli sarà data ragione (e anche qualche giustificazione non da poco), visto che un ente (anche se non il suo) ha legittimato come sport l’attività da lui praticata.
E i “dubitanti”? È meglio che offrano le loro tessere ai calciatori, sportivi universali, piuttosto che farci danno mettendo in dubbio, appunto, che i softgunner siano sportivi.
Di Fabrizio "Nibbio" Paolini
Ultimo aggiornamento (Lunedì 02 Agosto 2010 07:04)"
Fonte: www.csen-softair.com/